Roma, Firenze e Napoli furono i maggiori centri umanistici italiani dove peraltro si trovavano importanti accademie. Marsilio Ficino fu fondatore dell'accademia oltre che traduttore di Platone verso il quale gli Umanisti mostrarono una chiara predilezione, in contrapposizione ad Aristotele.
Altrettanto rilevante fu la figura di Leonardo Bruni, autore del dialogo Ad Petrum Paulum Histrum nel quale dà la parola, attraverso la finzione dialogica, ai due Umanisti Niccolò Niccoli e Coluccio Salutati, promotore quest'ultimo di una dura critica nei confronti del volgare e di Petrarca, Boccaccio e Alighieri.
Leon Battista Alberti appartenne alla seconda generazione degli Umanisti: nonostante mostrasse una grande padronanza del latino e avesse a cuore la solidità delle costruzioni classiche, egli era altrettanto consapevole dell'utilizzo anacronistico del latino e cercò di valorizzare il volgare adeguandolo però ai bisogni della nuova cultura.
Leon Battista Alberti fu non a caso attivo nel dibattito tra gli Umanisti circa l'uso del volgare nel trattare ogni materia e scrisse inoltre il De Pictura nella doppia stesura in volgare e in latino.
Altro famoso Umanista fu Poggio Bracciolini a cui è riconosciuto il merito di aver messo nuovamente in circolazione le maggiori opere della letteratura latina.
Ricordiamo inoltre Pico della Mirandola che, in buoni rapporti con Lorenzo de' Medici, si avvicinò al platonismo ficiniano e alla poesia, dotato di una prodigiosa cultura.
Lorenzo Valla ebbe a cuore le questioni poste dalla cultura umanistica, in particolare la filologia.
Noto il suo capolavoro, gli Elegantiarum linguae latinae libri sex, nel quale ricostruisce il preciso utilizzo del latino contro le imperfezioni dei primi Umanisti e soprattutto le degenerazioni del Medioevo.